Nonostante la morte a soli 31 anni – il 16 febbraio 1990 a causa delle complicanze legate all’AIDS – Keith Haring è un personaggio cementato nella memoria collettiva. Come quintessenza dell’arte americana anni ’80, con frequentazioni prestigiose e il fragore di un linguaggio diventato improvvisamente universale. Immediato e profondamente “umano”. E sempre attuale. Perché fatto di elementi riconoscibile a tutti, i cartoni animati, mescolati con quelli di altri culture, per esempio i geroglifici egiziani e i disegni aborigeni.
Uno stile rivoluzionario
Figlio di un fumettista dilettante – che lo iniziò al disegno facendogli scoprire Walt Disney e il dottor Seuss – Keith Haring esplode nel mondo dell’arte newyorchese appena ventenne. Con una cifra stilistica immediatamente chiara e riconoscibile. Dai cani che abbaiano alle figure danzanti, le opere di Haring utilizzano il surrealismo e la caricatura per affrontare argomenti importanti in modo spensierato e accessibile a tutti. Gran parte del suo lavoro infatti era una risposta agli eventi sociali e politici contemporanei. Come la battaglia per porre fine all’Apartheid in Sud Africa, l’epidemia dell’AIDS, il muro di Berlino e l’abuso di droghe. Come artista apertamente gay, Haring ha anche scelto di rappresentare le difficoltà della comunità LGBTQ, battendosi per i diritti degli omosessuali, anche grazie a una onlus dai lui fondata. E tuttora in attività.
La New York degli anni ’80
Vivendo e lavorando nell’East Village di New York, Keith Haring aveva un ampio e vivace circolo sociale. Che comprendeva molti artisti della stessa scena artistica underground. Tre nomi su tutti: Madonna, Jean-Michel Basquiat e Andy Warhol, con i quali spesso collaborava. E si lanciava in party sfrenati nelle storiche discoteche dell’epoca come il Palladium. Con la sempre più crescente popolarità, esplosa con la prima personale nel 1982, le collaborazioni di Keith Haring si estesero presto anche alla moda, dove lavorò con Vivienne Westwood. E alla musica, con la partner in crime Grace Jones: a cui in occasione di alcuni concerti dipinse il corpo di graffiti; mentre in occasione del video leggendario del 1986 I’m Not Perfect (But I’m Perfect For You), in cui appare insieme a Andy Warhol realizzò la gonna di proporzioni mastodontiche indossata da Grace.
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